La Danza Medioevale come spaccatura pratica e teorica in antitesi
Una enorme spaccatura che si trova nel mezzo tra la parte pratica e quella teorica della musica danzata si verifica proprio durante il periodo Medioevale, ove anche la sezione della spettacolarizzazione danzata viene anch’essa posta in in una situazione alquanto controversa.
Da una parte risultano esserci teorici, filosofi e studiosi esperti che vincolano la musica ad alta espressione di una pratica artistica che comunque ha molto a che fare ed è schematizzabile attraverso la matematica, con il risultato finale di appartenere inoltre ad una palese reinterpretazione scientifica del creato, ispirata da emozioni che comunque sono legate alla realtà sia soggettiva che oggettiva.
Mentre dall’altra parte troviamo messe l’una a fianco all’altra le esperienze sul campo degli addetti del settore intrattenimento: musicisti e danzatori, tramite l’antica e molto in voga nel periodo del Medioevo, figura del menestrello, molto spesso erroneamente confuso con quella del giullare o del buffone di Corte, che approcciano all’arte attraverso la libera improvvisazione.
Anche queste ultime figure durante il cupismo storico del Medioevo, risultano essere di gran lunga mansioni importanti contrariamente a tutto ciò che il periodo fa credere, l’intrattenimento era di questi tempi basato molto su temi comici ed estremamente satirici volti esattamente ad esorcizzare la drammaticità sociale di questa mistica epoca legata alla paura, al proibizionismo di varia forma e natura ed alla estremizzazione politica e culturale della chiesa cristiana.
Basandosi su questi principi che abbracciavano con consuetudine la collettività popolare, figure come quella del suonatore non vantano affatto un background di preparazione artistica accademica o di qualsiasi altra tipologia di teorica istituzionalizzata.
Bensì questa figura si basa sulla crescita da autodidatta, non tanto per il fatto che questa mansione si occupa di utilizzare strumenti musicali pagani che risiedono ben al di fuori del classico culto religioso dell’epoca (flauto antico e viella), quanto più perché la musica che ne viene prodotta, risulta in un secondo momento troppo profana se poi accompagnata da mirabolanti movimenti ed acrobazie, da balli popolari come la “saltatoria”, appartenente ad un insieme di danze poco o per nulla raccomandate dalla Chiesa, in alcuni casi perfino contrastate da quest’ultima.
Tutto ciò sino a quando lo stesso menestrello non diventa anch’esso importante componente dei palazzi di Corte Reali e feudali, presso le quali l’accoglienza dei menestrelli diventa sempre più frequente e richiesta, ottenendo così un doppio risultato: divertire e far conoscere lo spettacolo popolare anche alle famiglie nobili e introdurre infine anche i balli popolari eterogenei tanti odiati dalla Chiesa, all’interno della stessa aristocrazia, che inizia da qui invece ad apprezzarli senza problemi.
Balli comici, sociali e divertenti come la “moresca” di provenienza orientale (probabilmente araba), da lì a poco consacrato come primo ballo sociale, menzionata anche in letteratura, come nel romanzo di Romeo e Giulietta e resa celebre grazie a Giullari di Corte che la introducono per la prima volta nei Palazzi Reali nel 300’.
Primo ballo accomunato alla trasgressione carnevalesca, dai ritmi vivaci e sempre crescenti (accomunabile ad una sorta di Sirtaki) caratterizzati da strumenti emblematici, come i sonagli ai polsi e l’utilizzo sfrenato dei flauti (liuti).