Balletto di Corte del Masque di Re Carlo I
Luigi XIV non fu l’unico sovrano che ebbe l’idea di affermare la divina onnipotenza della figura del Re all’interno di un Regno europeo, quale quello di Francia, attraverso un utilizzo smodato del balletto di Corte come strumento principale delle sue “campagne pubblicitarie”.
Anche in inghilterra lo spettacolo di genere Masque, optava per un tipo di scopo molto simile a quello del balletto Reale di Francia.
Questo stile nacque verso gli inizi del 600’ anch’esso sul medesimo binario di Corte di quello francese, per poi essere definitivamente codificato da due figure di spicco molto importanti, un architetto (Inigo Jones) e un drammaturgo (Ben jonson), che produssero insieme nel 1605 il “Masque of Blackness”, lavorando su questo filone fino alla terza decade del secolo.
Anche questo stile di balletto cortigiano, chiamato per l’appunto Masque (che nasce dall’idea di un soggetto portata da un poeta), si adoperava nell’utilizzo di simboli ed elementi allegorici, richiami a figure mitologiche o anche reali.
Il compito dell’architetto Jones, che si prodigava anche come scenografo e ingegnere, fu quello di esaltare all’ennesima potenza la scenografia circostante a questo genere di rappresentazione, che secondo lui stesso, poteva assumere forme, atmosfere, colori e soggetti degni di rappresentare uno scenario idoneo alle coreografie ancor meglio delle parole, riuscendo così infine a donare forma tangibile alle sue idee.
Sempre secondo Jones la scenografia andava curata in ogni suo minimo dettaglio, elaborando un’illusione scenografica senza precedenti, con calma e con cura, tanto da restituire allo spettatore un tipo visione sbalorditiva riuscendo comunque a non distoglierlo dalla narrazione principale del ballo.
Ad ogni modo l’architetto, al contrario del suo celeberrimo collega, teneva molto anche alla conduzione logica e narrativa del Masque, sostenendo che la stessa non dovesse mai e poi mai essere surclassata da una mera spettacolarizzazione fine a se stessa.
Questo fece sì che tra i due artisti si creò un distacco, un allontanamento sorretto dall’ideologia per la quale il Masque dovesse rappresentare e comunicare unicamente, il grande controllo che l’essere umano possiede sul suo Mondo; uno dei simboli maggiormente utilizzato era quello del giardino coltivato e creato dall’uomo che se ne prendeva cura (una sorta di controllo innato che l’uomo utilizza nei confronti della Madre Natura).
Anche per quanto riguardava questo Regno inglese del 600’, così come per quello del Re Sole in Francia, il sovrano, al tempo Carlo I, adotta questa ostentazione delle opere di Corte, per apparire in ogni rappresentazione alquanto caritatevole.
Un Re sentito dai cittadini come equilibrato, saggio, buono e agli occhi della popolazione giusto, avente persino diritto divino al trono, che con tanto onore e sacrificio personale rivendicava.
Come risulta facilmente intuibile, ogni persona nobile di importanza strategica per il dominio dei Regni, ebbe l’onere e il dovere da quel momento in avanti, comunque di interagire a livello mediatico per convincere l’opinione pubblica che la persona in questione (se stesso), venisse visto come un degno governante.
Questa pratica è ancora oggi riscontrabile nelle strategie mediatiche di politici, leader, filantropi, oligarchi e altri uomini che rivestono cariche importanti.